5 Ottobre 2014
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Vittorio Emiliani
Ritratto di Alberto Sughi

in Vittorio Emiliani Romagnoli e Romagnolacci
Cento e più ritratti di personaggi della Romagna dell’altro ieri, di ieri e di oggi
(Minerva Editore, Bologna 2014)


A sinistra una delle pagine del libro di Vittorio Emiliani. A destra Alberto Sughi posa in stamperia, con il
suo classico borsalino scuro, per una copertina dell'Annuario Mondadori della Grafica 1989.
Foto Claudio Abbate

ALBERTO SUGHI
È stato il pittore piu' affermato e anche il più originale dei pittori romagnoli
della seconda metà del '900. Ci siamo frequentati fra la Romagna rivierasca
(veniva spesso a Cesenatico la sera), in grandi tavolate all'aperto
sotto gli alberi, e Roma, specie negli ultimi tempi, abitando lui al di
là e io al di qua di Castel Sant'Angelo e del suo antico ponte Elio.
Era subito scattata fra noi una schietta simpatia, poi una amicizia vera,
anche se non ci vedevamo spessissimo come succede a Roma ma ogni
volta erano abbracci, risate e pacche vigorose sulle spalle. Come quella
volta che mi scoprì a Cesena mentre mangiavo, da solo (ero li' per un
servizio), all'Hotel Casali, erede della fama conquistata dal ristorante
omonimo alla Stazione ferroviaria reso famoso dai cestini che facevano
fermare anche i direttissimi e mi fece una gran festa.
Anche avanti negli anni Alberto era un bell'uomo, diritto, dalla figura
elegante. Una volta lo incontrai in una mattinata d'inverno di quelle
abbaglianti di sole sulla vasta scalinata di Palazzo delle Esposizioni - a
quel tempo lui presiedeva la Quadriennale - in via Nazionale. «Os-cia,
tchì propri bèl, gli feci dal basso». «E poi hai un magnifico feltro, un
Borsalino sicuramente». Si tolse per tutta risposta il cappello marrone
scuro salutando con accentuata solennità. In Romagna la bellezza è
laicamente un valore.
Cesenate, aveva cominciato da autodidatta nella sua città, consigliato
da uno zio, esordendo neppure ventenne, per poi trasferirsi a Roma
dove aveva conosciuto Renato Guttuso che stava diventando il "Tribuno
illustrato" (così lo sfotteva lo scultore emiliano Marino Mazzacurati)
cioè il pittore ufficiale del Partito Comunista. Al quale apparteneva
anche Sughi che però si staccò abbastanza presto dal neorealismo un
po' "pompier" dei guttusiani per approdare ad una pittura più sofferta,
lavorata, personale. Nei primi anni Settanta, per esempio, si dedicò al
rapporto fra uomo e natura, un ciclo al quale dette il nome di "Pitture
verdi".
Quando, una quindicina di anni dopo quel suo ciclo, venni estromesso
dalla direzione del "Messaggero", ricevetti mohe testimonianze di
amicizia e di solidarietà. Alberto si fece subito vivo alla sua maniera,
portandomi un proprio quadro con dedica, un paesaggio: un lago dal
quale si leva una luce vivida verso un cielo invece contrastato dalla
grandi nuvole in transito, un paesaggio antico scandito da un grande
cipresso, sulla sinistra, in primo piano come in certi lontani affreschi,
sotto il cipresso appuntito un prato verdissimo, luminoso, scandito da
siepi ombrose e da alberi bassi e frondosi fino all'acqua del lago, un lago
appenninico chissà. Me lo portò di persona tenendolo sotto il braccio.
La dedica suonava così: "A Vittorio con affettuosi auguri per il 1987",
cioè per una nuova vita. Mi ha portato bene. Lo guardo e lo riguardo
tutti i giorni e mi ricorda quell'amicizia intensa fra due romagnoli "in
partibus infidelium romanorum".

PS: da Allemandi è appena uscito un primo illuminante libro di
suoi scritti, "Alberto Sughi. Il mio lavoro di pittore", a cura dei figli
Serena e Mario.

Vittorio Emiliani

 

 

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5 October 2014


 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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