02 March 2008
studiosughi@albertosughi.com
 
     Sughi home
     archivio sughi
     Exhibitions
     Books on line
     Links resources
    .Public collections
     archive
 
 
 

 


 

 
Alberto Sughi ha parlato con Michael Monkhouse della sua nuova opera Stabat Mater, un grande trittico in olio su tela di 150 x 390cm. Stabat Mater verra' presentata al pubblico nella grande personale di Sughi in programma il prossimo Novembre all'Albergo delle Povere di Palermo. La conversazione tra Sughi e Monkhouse, "Intervista con un artista", uscira' pubblicata nel magazine inglese The Roman Forum, il 5 Marzo 2008.
www.albertosughi.com riporta qui di seguito l'intervista nella sua versione italiana.

 

MICHAEL MONKHOUSE INTERVISTA CON UN ARTISTA: ALBERTO SUGHI

È davvero raro che in questo nostro mondo moderno, permeato d’industrialismo, Internet e sms – ci siano artisti come Sughi. E’ altresì sorprendente che l'artista stesso esponga la sua visione del mondo - una visione d’incomunicabilità, tristezza dentro una società che non sa più amare – a un pubblico pagante . E, infine, è inconsueto che dopo una sola mostra - quella del Complesso del Vittoriano, Roma- luglio settembre 2007 - io scriva una recensione per una Web Site in Internet e che l’artista, avendo avuto l’occasione di leggerla, mi contatti per un’intervista.
È quindi con qualche trepidazione che arrivo allo studio di Alberto Sughi una fresca mattina di febbraio; mentre mi presento alla segretaria , vedo sulla mia destra una grande tela immagine inquietante dell'alienazione moderna - 'La Cena' . Stringo nervosamente la mano del pittore, mi siedo, lo lascio parlare.
Ascolto le parole di uno degli artisti più grandi d’Italia - anzi d’Europa - forse del mondo.
Sughi è un uomo dall’aspetto tranquillo , vestito normalmente, con giacca e cravatta. Dice di aver gradito il mio articolo ( m’incoraggia a scrivere di più) e di essere attualmente impegnato con un nuovo ciclo, 'Andarsene', che per qualche aspetto sembra richiamare un ciclo precedente “ Andare dove?”. Intanto confessa che niente di quello che ha dipinto lo soddisfa pienamente: "Si tratta di conoscere se stessi" insiste. "Quando sei giovane credi di sapere tutto - ecco, hai creato una opera d'arte definitiva e la lasci stare così com'è. Poi, avanti con gli anni ti rendi conto che quella era solamente un’illusione. Guardi il tuo quadro per quello che è veramente: niente altro che un passo nel percorso difficile della conoscenza.

È un concetto che approfondisce mentre mi mostra la sua ultima opera, una ripresa piuttosto inquietante della 'Stabat Mater': " È una questione di libertà… di ignorare le mode, trovare la propria libertà , capire se stessi in modo più profondo. Solo cosi ci si può esprimere compiutamente ”. Mi ricorda Ingmar Bergman - il primo artista che Alberto cita quando gli chiedo con quali artisti si è sentito più in sintonia - il primo artista che io stesso ho citato nel mio articolo - quando diceva che l'artista non è niente di più di un individuo che cerca di capirsi meglio; e di condividere quel processo con chiunque vuole partecipare.

Ma lo 'Stabat Mater' è un’opera caratteristicamente individualistica, un opera che porta il segno classico di Sughi. "Sono sempre ossessionato dallo stesso pensiero" mi spiega, "Dal nostro senso di smarrimento,dalla solitudine, dal dolore . Ma dire la stessa cosa sempre nello stesso modo finirebbe per essere un esercizio inespressivo- cerco quindi di esprimere il modo di rapportarmi con la mia poetica mettendomi in gioco”.
Mettendosi in gioco
- se l'espressione è meravigliosamente italiana, l'idea lo è ancora di più. Fa capire come lo 'Stabat Mater' di Sughi - un trittico di una donna che piange – sia l’impensabile evoluzione di un primo quadro che rappresentava due donne e un pianista in un bar.

Sughi si siede davanti al suo computer per mostrarmi i passaggi di quest’evoluzione: “Le figure erano troppo inespressive, cosi le donne sedute sono diventate due donne che piangono … tuttavia qualcosa non mi convinceva (strisce stile Munch, miraggi stile Monet)… La tematica era troppo oggettiva, così ho cancellato il pianista il pianista… l'artista non deve raccontare, ma solo mostrare. Un quadro non è uno spezzone di pellicola, è un’opera completa come un romanzo o un film. Perciò il primo piano delle donne piangenti - no, di una donna piangente - no la stessa donna piangente, in forma di un trittico.

E cosi torniamo a 'Stabat Mater'.
E a Sughi mentre usa ed abusa l'iconografia classica, soltanto per renderla rilevante alla società di oggi… Ricordo 'Crocifisso in una Città', 1959, in cui il crocifisso pende sopra l'intero polis. Rimango stupito nell ' ascoltare Sughi che condivide la mia opinione: interpretazioni politiche, sociologiche, allegoriche delle sue opere sono solo riduttive. Questa è la sua visione personale dell'esistenza e si estende verso tutti noi… Perfino quando è scappato dalla città per il paesaggio e tre anni in una villa idillica, ha avuto la sensazione che la natura era non più adatta ai bisogni dell'individuo della città stessa: anzi, era ancora più misteriosa e sconosciuta e incomprensibile. Sono tentato di citare l'ambivalenza di Sylvia Plath verso il mare: "Se sapeva adulare, sapeva anche uccidere." Sono inoltre tentato di rivisitare il 'Ciclo Verde' dello stesso Sughi dagli primi anni settanta, un periodo che mi racconta in questo contesto: "Ho trascorso sei anni nel paesaggio nella speranza di sentirmi più integrato. Non lo ero. Hai visto i miei quadri."
Quindi, per citare Plath un'altra volta, non c'è nessuna via d'uscita dalla mente?

Sughi crede che ci sia. Per questo è seguito il ciclo 'Andare dove?' con quello nuovo, 'Andarsene': è un'immagine di un uomo che abbandona una donna. Triste, tutti due sono tristi. Ma proprio come l'ultima serie è stata una fine più di un inizio, questo è un inizio più di una fine. Sughi mi dice che se c'è un sorriso dietro ogni lacrima, c'è una lacrima dietro ogni sorriso. Ecco perché quando cerco di paragonare le sue ultime opere a quelle del Rinascimento italiano, lui ammette che ho ragione, ma non sta guardando indietro. Sta ancora cercando di trovare se stesso. Di trovare l'opera d'arte perfetta. E finché continua a cercare, continuerà a dipingere.

Ormai la conversazione è finita; quando io sto per lasciare lo studio, mi porge un catalogo della mostra, lo firma, sfoglia qualche pagina e legge:

'Oltre ogni filologismo, ma solo per offrire qualche aiuto a chi mi chiedesse un consiglio per guadare in modo coretto un mio quadro, suggerirei di avere lo stesso atteggiamento di pazienza e di attesa che abbiamo quando si entra in sala a proiezione già cominciata; guardare le prime sequenze di una storia che ancora non conosciamo; cercare di capire qualcosa dall'ambientazione, oppure dai personaggi che compaiono sullo schermo senza sapere se sono gli interpreti principali o di secondo piano nella storia del film; non sapere nemmeno se siamo all'inizio o verso la fine… E come nella vita, dove ognuno do noi entra a spettacolo già iniziato. Senza fretta, nel tempo che ci è messo a disposizione, finiremo per conoscere dove siamo.'

Perché lo spettacolo va avanti. E anche noi. Con Sughi, si spera.

Michael Monkhouse

 
Sughi, Stabat Mater, Pannello di sinistraSughi, Stabat Mater, Pannello centraleSughi, Stabat Mater, Pannello di destra
 
 

Michael Monkhouse, Alberto Sughi's latest work, the Stabat Mater triptych on the Roman Forum, 5 March 2008

Interview With An Artist, Alberto Sughi
by Michael Monkhouse



 
   
 

 

    © 1997-2008 albertosughi.com  

 
  Home page archive