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Alberto Sughi Al Complesso del Vittoriano, 21 Luglio - 23 Settembre 2007

 

(Settembre, 2007, N°32) Eventi Culturali

Roberto La Carbonara, Lo Sguardo di Alberto Sughi


Sono le anime della pittura di Alberto Sughi, sono i moventi di un'osservazione che ha stravolto la pittura e il senso dell'arte nel dopoguerra e che ha fatto dell'artista il testimone assoluto della storia.
Con la mostra antologica dedicata all'artista cesenate assente da Roma da quasi vent'anni, il Complesso del Vittoriano fino dal 21 luglio al 23 settembre, attraverso circa ottanta dipinti ed una sessantina di disegni realizzati dal 1946 ad oggi, ripercorre il cammino artistico ed umano di uno dei protagonisti della pittura italiana ed europea dell'ultimo mezzo secolo.
Il Realismo esistenziale, come ebbe a definire Crispolti l'arte figurativa del Sughi, la forma pittorica più minuta nella soggettivazione eppur più minuziosa nel dettaglio della figurazione emotiva e psicologica che l'artista introduce nelle sue tele, prende corpo nella serie dei personaggi anonimi e ordinari delle rappresentazioni.
Occhi e gesti privi di espressione, gestualità rivolta verso il vuoto del tempo e dello spazio, presenze drammaticamente assorte e omesse dalla possibilità del dialogo, i quadri di Sughi trattengono "attese silenziose, nervose partite a carte, mozziconi di sigarette che si spengono lenti. Scene colte nell'attimo fuggente, come singoli fotogrammi di un film bloccati nel fermo immagine e così isolati dal contesto".
Non è un uomo dalla coscienza affranta quello che compone ma una mente lucida e consapevole della lettura della vita, della quotidianità e della storia. La sua indagine sulle miserie dell'umanità è spietata, imparziale: il pittore non è solo l'autore dei quadri – affermava l'artista - è anche quello che per primo li guarda spesso con indulgenza, alle volte con severità.
Nella mostra del Vittoriano emergono i momenti europei dell'arte post-bellica: una pittura che trasforma la ricerca cubista e quella del realismo ideologico degli anni '50, in una straordinaria ricerca dell'arte come forma di introspezione che ricorre anche al linguaggio dell'Informale e della Metafisica, al Dada e all'Espressionismo. Eppure Sughi è estraneo ai movimenti artistici circostanti; forse dialoga meglio con i "compagni di strada", quelli del cosiddetto "Gruppo di Portonaccio" (Vespignani, Muccini, Buratti) o con i suoi maestri ideali come Lorenzo Viani e Ottone Rosai, e soprattutto Francis Bacon. Con questi artisti Sughi condivide la capacità di indagare il peso dell'uomo nella società attuale attraverso il suo malessere e la sua angoscia, il suo urlo di isolamento e di dolore".

Roberto Lacarbonara

 

 

 

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